lunedì 2 gennaio 2012

Donna, uomo, essere umano.

Da individualista convinta quale sono, non credo nelle categorie, nelle etichette e persino nei distinguo di genere: con una persona mi posso trovare bene o meno, la posso sentire vicina o distante, affine o quasi incomprensibile, mi faccio un'idea e ho delle sensazioni sull'individuo, essere umano meravigliosamente unico.

Anche se... sì, c'è differenza tra donne e uomini - chi segue il mio blog sa che le differenze sono un tema che mi è caro -, e purtroppo col tempo l'ho sentita sempre di più e a volte mi è anche pesata molto, quasi diventasse un ostacolo, una barriera, un filtro che impedisce di comunicare perchè manca un sentire comune. Dopo anni di migliori amici maschi (non necessariamente omosessuali, per chi l'avesse pensato), da che sono madre ho sentito di più questo iato tra maschile e femminile e, cosa che non mi era mai capitata prima, ho sentito un bisogno nuovo, quello di confrontarmi con e cercare conforto in persone che vivevano le mie stesse esperienze, necessariamente del mio stesso sesso.

Continuo però a credere non sia una mera questione di genere, ma altro.
L'esperienza del parto e del post parto, del diventare madre, sono state così forti e così sconvolgenti, da escludere di poterne parlare "alla pari" con qualcuno che non ci fosse passato, un po' come tutte le esperienze molto importanti che ci toccano in profondità, per cui niente è più come prima. Posso immaginare come ci si senta ad esser scampati ad uno tzunami, o perdere un genitore, o addirittura un figlio, o salvare una vita umana, inventare qualcosa che cambierà le sorti del mondo...  ma non avendolo provato non ho modo di saperlo davvero, posso ripensare alle esperienze più singnificative, e attingere a sentimenti di dolore o gioia che ho vissuto per arrivare a immaginare cosa si provi, ma non posso andare oltre.

Inevitabilmente quando passi certe fasi particolarissime della vita, svolte che ti cambiano per sempre, ti ritrovi a parlarne con chi sai che capirà subito per esperienza, perchè hai poche energie per dare spiegazioni, e hai un forte bisogno di sentirti compreso e accolto.

Solo una donna può capire veramente una donna...
E' così?
Su questo ho qualche dubbio.
Il mondo femminile è articolato e complesso.
Ci sono donne molto diverse, cambiano le età, le esperienze, i modi di pensare e sentire.

Sono donna - e pure mamma -, ma non so se sono in grado di capire fino in fondo la sofferenza di una donna che ha avuto un aborto spontaneo, o di una che non riesce ad avere figli, o di chi intraprendere il coraggioso e difficile percorso dell'adozione, chi si è trovata a crescere un figlio completamente da sola, magari scappando da un uomo violento. Sarò sicuramente empatica con loro, però. Dipende solo dal mio essere donna?

Ogni essere umano è così diverso, e il genere non è forse la caratteristica che ci differenzia di più.

Io credo che sia questione di vissuti condivisi: ci sono esperienze comuni che generano modi di sentire affini, ma ognuno ha un suo personalissimo percorso, che si costruisce giorno per giorno, se così non fosse si perderebbe l'unicità dell'esperienza umana. Non ci sarà mai un altro essere, anche il più vicino, che sia in grado di capirti sempre.

Ogni volta che ci immergiamo nel fiume della vita siamo persone diverse, e basta un raggio di luce nuovo per cambiare quello che abbiamo davanti. Guardate le foto qui sotto: non sono ritoccate, in pochi minuti la luce dell'alba ha riempito il cielo di colori e tutto appare diverso.




Queste riflessioni sono scaturite leggendo un post della cara Stima, dove ho scoperto un blog ...particolare.
Lo ammetto, se non fosse stata lei a segnalarlo, lo avrei ignorato, sulle prime mi aveva quasi irritata - "cosa vuole questo estraneo che vuole le chiavi di accesso al nostro mondo più intimo?" -. Ho pensato che il progetto partisse con le premesse sbagliate, sfacciatamente, come solo un maschio (l'accento vuole essere ironico)...

Mi ha infastidito questo ri-dividere il mondo tra uomini e donne, mi ha sorpreso lo stile diretto della richiesta, mi ha fatto chiedere a chi fosse rivolta davvero (e perché?).

Va bene la filantropia, va bene lasciare sfogare quella vena esibizionista che alberga molti, va bene che a volte hai solo voglia di scrivere e con una traccia hai uno spunto per farlo e magari buttare fuori dalla scarpa qualche sassolino ("Di noi capite così poco che serve farne un blog??? Benissimo, allora iniziamo con l'ABC, fosse mai la volta che possiate finalmente sintonizzarvi sul nostro mondo emotivo e muovervi con più delicatezza senza travolgere i nostri sentimenti..."), però il rischio degli effetti collaterali ben descritti da Ladoratrice è concreto (se mai mi leggerai, noterai che abbiamo la stessa spacciatrice di blog).

Se ci penso, poi, la curiosità per l'altra metà di noi è reciproca - anche se questo parrebbbe contraddire quanto ho scritto sopra -. Sto leggendo un libro di Fabio Volo per capire cosa c'è nella testa dei miei coetanei maschi ...o dei miei coetanei single (M/F)? - e non è esattamente il genere che preferisco, anche se devo ammettere che mi ha stupito in positivo - e non mi accontento di cosa mi pare di vederci, mi sto facendo molte domande -, e forse potrà nascerne qualcosa di interessante, un terreno di scambio. 

Quel che mi piace meno di questo progetto e' che corrompe la spontaneità del dono meraviglioso di se' che un racconto intimo comporta.

Probabilmente, però, c'è qualcuno che non è consapevole di fare un dono a chi legge raccontandosi, ed è invece convinto che farlo significhi creare disturbo, dare noia a chi legge. Per queste persone una spinta sarà provvidenziale, sarà terapeutico rispondere all'invito di raccontarsi, una strategia di automedicazione delle ferite emotive con un grande potenziale.
Quando scrivo tutto mi sembra più chiaro, se dall'altra parte sento di avere una persona interessata a leggermi (a volte io stessa) è ancora meglio, ci si sente accolti con empatia. A volte capita anche di incontrare qualcuno che possa condividere uno scambio costruttivo, offrire un punto di vista altro, mettersi in gioco insieme a te, uno spunto può aiutare a riconoscere sentimenti e bisogni cui si è dato sfogo, offrire una chiave di lettura che ci permette di prendercene cura.

Per la fortunata coincidenza di non aver avuto tempo subito di andare a vedere di cosa si trattasse sono arrivata sul blog quando era già on line un primo racconto - molto intenso -, nonché critiche, riflessioni e qualcosa che mi è piaciuto: un iniziare a scoprirsi dell'autore del blog, il suo prendere posizione su certi temi, il doversi confrontare con i commenti, soprattutto quelli di un altro uomo. Apparentemente i ruoli si sono rovesciati e mi sono trovata a leggere con curiosità e piacere cosa pensassero e sentissero loro.

Mi è piaciuto particolarmente il confronto tra Uovo e Giovanni (leggete i commenti a questo post).
Giovanni ha introdotto l'immenso concetto del rispetto e delle conseguenze terribili di un'infanzia in cui al bambino sia negato. Solo chi ha conosciuto la violenza (disintegrare l'autostima di un giovane essere umano è la forma più subbdola di violenza che esista) la porta in se' e quasi sempre la ripropone su altri. Solo su questo ci sarebbe da scrivere per ore (e c'è chi ne ha scritto per una vita intera).

Decisamente mi devo ricredere: se ogni storia porterà a scambi tanto interessanti come quello seguito alla prima, sarà un bell'esperimento e una sana occasione di confronto da cui usciremo tutti arricchiti, senza distinzioni di genere.

Mi siedo ad osservare vicino al fiume e se mi sentirò stimolata mi ci tufferò anche (ho sempre avuto un debole per la Scuola sociologica di Chicago all'Università)...

4 commenti:

  1. brava Cì, lo hai segnalato il post all'Ovo? così ti legge e prende appunti, un altro punto di vista.

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  2. ho appena approvato il commento, grazie mille!

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  3. Grazie Uovo, sto seguendo il tuo blog, è bello che anche tu convenga che ci sono molti punti di contatto con le donne che ti scrivono. ciao

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