domenica 19 gennaio 2014

Settantadue poltroncine. Tutte rosse.

Dopo una settimana un po' pesante (se quella che ci ha travolti in tre a tempi alterni è l'influenza sappiate che è veloce ma spietata...), ho avuto l'occasione di un babysitteraggio serale last second, che sinceramente avrei barattato con una non stop a letto di 2 giorni ma non mi sono lasciata sfuggire e ho preso più per garantire una serata più viva a mia figlia di quella che avremmo potuto offrire noi due zombie. Optato per il cinema, visto che non avevamo nemmeno fame, ho cercato sicura un film che desideravo vedere da che è uscito ma che purtroppo è già scomparso dalle sale della mia provincia, salvo una, remota, un luogo dei miei ricordi di studentessa, un circolo ricreativo sociale.


Il restyling mi ha colpita e mi ha spinta a fare una quarantina di chilometri sotto la pioggia battente, promettendo una selezione di film, per lo più indipendenti, per un pubblico di nicchia in cui mi sono subito riconosciuta, grazie ad un elogio alla cultura delle differenze ben ficalizzato,
e offrendo
Settantadue poltroncine. Tutte rosse.
Il film valeva il viaggio, ma rosso, di vergogna, dovrebbe essere chi permette di trasformare una piccola sala, piccola davvero, in un potenziale inferno, per un centinaio di malcapitati.

Il marito ed io siamo arrivati 5 minuti prima della proiezione, dopo aver consumato una limonata calda io - per la mia povera gola - e una birra piccola lui - per il suo povero spirito - quasi fossimo due naufraghi che arrivavano dalla tormenta ad un approdo ai confini del mondo - e poco ci mancava visto la posizione di questo luogo e il tempaccio sulla via - e ci siamo seduti regolamente, abbiamo notato che la sala si riempiva in modo rapidissimo, con una crescente frenesia che ci ha messo sull'avviso che si stava per innescare un meccanismo da "chi prima arriva...". Infatti, finiti i 72 posti, tutti, sono arrivati gruppi senza posto che si sono messi in una fila fatta di una panca a muro, sul fondo, fin qui tutto bene, o forse già no? sembrava una sistemazione da "imprevisto previsto", così ci siamo immaginati il giochino dei permessi all'italiana, conosciamo bene gli oneri mostruosi per stare al passo con i cambiamenti di normative in continuo cambiamento (e a volte francamente esasperanti) per le sale più piccole, e lo sappiamo in particolare perchè vicini alle vicissitudini di una sala meravigliosa più vicina a noi che ha dovuto infine chiudere. Poi invece si è superato il limite del buon senso e della sicurezza: sono iniziate ad arrivare persone con le sedie in mano e si sono arrampicate e posizionate sui ripidi gradini, accanto ai posti regolari. Ed è iniziato il brusio: di pochi, io ho sentito solo due persone lamentarsi, una mio marito e l'altra una donna dietro di me, dalla voce non certo la classica "vecchina rompiscatole". Mi sono meravigliata che ai piu, comprese le persone sulle sedie in precario equilibrio, andasse bene così. Abbiamo iniziato a chiederci cosa avrebbe potuto capitare in caso di incendio o qualsiasi altra emergenza. A luce spenta una persona ha inciampato, percorrendo le scale, forse è anche rovinato a terra, un paio di sedie che alla fine sono rimaste libere sicuramente sì, e questo ci ha tolto eventuali dubbi: in caso di evacuazione improvvisa ci sarebbe stato da fare il salto ad ostacoli in discesa sulle scale e sgomitare parecchio! Ad occhio sono entrate almeno un altra trentina di persone, fino a capienza fisica - e non legale - praticamente esaurita.

I commenti li lascio a voi.

Io mi chiedo perchè in Italia dobbiamo sempre fare così: fatta la legge trovato l'inganno, chissenefrega se ci mettiamo nei guai da soli. Chi stiamo fregando se non noi stessi?

Perché questa denuncia è monca di nomi?
Perché la chiusura di una sala fuori dai circuiti dei mega multisala è sempre un lutto, così come una multa salata (peraltro meritata) per una associazione culturale. Perché mi sono chiesta se sono io ad aver sviluppato un insano senso di legalità (forse c'è una deroga? anche al buon senso di non metter seggiole sulle scale? e come avranno fatto con i biglietti?) e perché ho il sospetto che i nostri soggiorni dove La Legge c'è e la si rispetta, perchè se ne condividono le finalità oltre che per la certezza delle sanzioni, mi abbiano fatta uscire dagli schemi mentali italiani al punto di esser diventata una che si preoccupa più del dovuto, perché ancora sto riflettendo su cosa si possa di costruttivo fare. La professione di Don Chisciotte alla lunga logora, i malanni di stagione e una settimana di malditesta violento mi hanno fiaccata, soprattutto ho l'impressione che verrei considerata come "una delatrice stronza" dalla quasi totalità delle persone, scusate il francesismo.

Il film era eccezionale, ringrazio i responsabili di questo cinema per aver scelto questa pellicola, un po' meno per avermi fatto passare due ore in un luogo poco sicuro (forse se fossi andata con mia figlia sarei andata a chiedere lumi al direttore o sarei uscita). Il paradosso è che il film parlava proprio di senso della legalità, orfano di molti italiani, chissà se il regista sarebbe stato d'accordo a vederlo proiettato in quelle condizioni. 


Sedia di Ettore Sottsass

4 commenti:

  1. Interessante. Molto interessante.
    E anche molto frequente, mi sa.
    Esatta la tua citazione sull'inganno, che attende solo che la legge sia firmata per saltare fuori, come il coniglio bianco da cilindro di qualunque direttore o chicchessia.
    Siamo proprio italiani, non c'é altro da dire...

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  2. Al nostro Cineclub della piccola città, un piccolo gioiello italiano, qualche volta facevano così, ma semplicemente facendo sedere a terra, quando arrivai in città, più di 20 anni fa. Poi, dopo poco, hanno ristrutturato, un po' ingrandito e smesso. A domanda, hanno risposto che volevano essere di punta anche nella sicurezza, e non solo nella qualità cinematografica. Hai ragione ad arrabbiarti, anche se capisco il senso di indecisione su che cosa fare, ché chiudere sale così è sempre un peccato. Non riesci a contattare qualcuno che ti dia lumi sulla gestione ordinaria, prima della direzione? Potrebbe valere la pena...

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  3. Quindi capita spesso, probabilmente.
    Io sono abituata bene: da noi sono severissimi, e i responsabili dell'associazione che gestiva il nostro povero cinema chiuso da settembre hanno sempre messo la sicurezza davanti a tutto.

    Sì, povna, ho pensato anche io di scrivere a qualcuno della direzione. Se ci sono sviluppi vi aggiono.

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  4. Ciao. Io ho perso il conto di quante volte mi sono capitate situazioni ai limiti (anzi, già oltre i limiti) come questa. E ogni volta decidere se parlare (e inevitabilmente creare casini a qualcuno) o andare via in silenzio e depennare il luogo/posto/associazione dalla lista è difficile. È vero che passerei per una stronza, a molti non importa da che parte sta la ragione :(

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