lunedì 25 novembre 2013

Violenza ostetrica

Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
Tra le tante che affollano il calendario, questa ricorrenza offre un pretesto per parlare di violenza contro le donne - non bastassero le cronache -, e anche agire, iniziando con il cambiare atteggiamento, smettere con il disfattismo del "ma io che posso fare?" e contribuire anche anche nel quotidiano a cambiare la mentalità della società - cioè tutti noi -, ognuno nel proprio contesto.

Diversi lo siamo oggettivamente tra maschi e femmine, ma più ampiamente lo siamo tutti, singolarmente, in quanto esseri umani. Diverso non deve diventare un giudizio, un insulto, un disvalore in base al genere che ci caratterizza alla nascita, un più forte / più debole, [pre]potente / sottomesso. Le forme di violenza possono essere sottili o manifeste e di tanti tipi differenti, sicuramente possiamo lavorare sui pregiudizi, che a volte degenerano in episodi di violenza, o comunque sempre portano ad atteggiamenti distruttivi. Tutti noi - genitori, insegnanti, semplici membri del villaggio ("per fare un bambino ci vuole un villaggio") - abbiamo responsabilità precise ma anche tante possibilità, possiamo fornire un buon esempio [di rispetto per le donne, per noi stessi, per tutti], vivere le differenze come un valore, impegnarci, per esempio, nell'educare senza barriere di genere i piccoli.

Molti oggi parleranno di femminicidio e diritti negati, di diseguaglianze - certificate dalle statistiche - nel mondo del lavoro e tanti altri temi importanti e noti, io oggi invece voglio ospitare in questo spazio Rachele, una ostetrica Consulente Tecnico del Tribunale, che si occupa di violenza ostetrica.

http://jesusaricoy.wix.com/rosesrevolution


Rachele e io siamo "amiche di mouse" da tempo, ci accomunano una certa allergia alle ingiustizie e all'incasellare persone ed esperienze in categorie fisse, un carattere a volte ruvido - per rispettiva ammissione -, la voglia di approfondire. Da lei ho scoperto che il 25 Novembre è anche la giornata per fermare la violenza ostetrica

http://jesusaricoy.wix.com/rosesrevolution

Cì: Ho sentito parlare di "violenza ostetrica" per la prima volta da te, di cosa si tratta? E come sei arrivata ad occupartene professionalmente?

Rachele: La definizione viene da alcuni protocolli ostetrici del Venezuela: si parla di violenza ostetrica quando una donna subisce determinate costrizioni e non è aiutata nel mantenimento della fisiologia durante il parto (Se volete capire, in concreto, di cosa si stia parlando Rachele nel suo blog ha pubblicato una testimonianza esplicativa, NdCì).

"La legge definisce la violenza ostetrica come "L'appropriazione dei processi riproduttivi del corpo delle donne da parte di personale sanitario, che si esprime come trattamento disumano, un abuso di farmaci, di trasformazione dei processi naturali in quelli patologici, portando con sé la perdita di autonomia e la possibilità di decidere liberamente del proprio corpo e della sessualità, con un impatto negativo sulla qualità della vita delle donne"
Legge organica sul diritto delle donne di essere liberi dalla violenza, emanata in Venezuela il 16 marzo 2007 (fonte).

Rachele: La violenza ostetrica è qualcosa di molto labile, un tema molto delicato perché riguarda la percezione della violenza subìta.
"Una delle conseguenze occulte della violenza ostetrica (non certo occulta per chi ne soffre! occulta perché quando si vanno a fare le statistiche delle complicanze dei parti, quasi nessuno ne tiene conto!) è IL TRAUMA DA NASCITA (Birth trauma). Con questo non si intende un danno fisico ma la sofferenza psicologica che prova la donna, che può sfociare in "semplice" malessere, in depressione, ma anche nella SINDROME DA STRESS POST TRAUMATICO... Tutto può derivare da un *semplice* parto."
(Fonti:
Roses Revolution Italia e Mondo Doula. Rachele ha scritto un post di approfondimento in cui rileva i tanti punti di contatto con la violenza sessuale, soprattutto per quanto riguarda il trauma che può lasciare.) 

Rachele: La percezione è qualcosa di molto soggettivo. Ci sono per esempio donne che hanno avuto parti laboriosi ed operativi (ovvero: molto medicalizzati, ndCì) ma tutto sommato, probabilmente, la loro esperienza di parto ricopre le ipotesi che si erano fatte prima, perché non ci sono ipotesi disattese e sogni infranti, l'esperienza è aderente all'idea che avevano.
Poi, andando a vedere, ascoltando i loro racconti, anche queste donne hanno dei problemi, situazioni percepite, ti raccontano determinate situazioni che lasciano supporre un trauma, raccontano di come si è poi evoluto il rapporto con il loro bambino, la percezione del loro corpo, delle ferite sul corpo, della sessualità dopo il parto, emerge qualcosa.
Purtropppo alla violenza ostetrica come a quella di genere le donne devono essere educate.
Fino al 1976 , anno della legge sulla famiglia, per le donne era normale essere obbligate a sposare un uomo, o esser rapite e messe incinte per essere sposate. Per un certo periodo è stato normale che una donna venisse perseguitata "per amore", ora si chiama Stalking, ma adesso! Ecco di cosa mi occupo io: mi occupo delle donne che prima o dopo, velocemente, subito, o più lentamente, col passare del tempo, si sono rese conto che qualcosa nel loro parto non è stato normale, che hanno subito una forma di violenza ostetrica.

Cì: Quando ti vengono fatti questi racconti? Esistono punti d'ascolto? In quante siete ad occuparvene?

Rachele: Che io sappia ci sono solo io. La maggior parte delle ostetriche è giustamente presa dagli aspetti positivi della professione, l'assistenza al parto, la gravidanza, le attività con le adolescenti o le donne in menopausa...
Il mio coinvolgimento professionale nacque per caso: ho un marito geometra che è Consulente Tecnico del Tribunale, un giorno doveva fare il rinnovo della documentazione per i consulenti d'ufficio, lo accompagnai e mi dissero, pensandomi una sua collega: - perché non lo fa anche lei? - Io sono solo ostetrica non credo di c'entrare nulla, risposi... E loro: - ma no, si iscriva! 

Ho chiesto su Parto Naturale se potesse funzionare e una prima persona mi ha chiesto di guardare la sua cartella clinica. E' stato il primo caso di cui mi sono occupata, una donna costretta a scegliere un taglio cesareo programmato al suo primo parto, e che, per sua caparbietà ha poi avuto un secondo parto naturale: quel che voleva denunciare è che la sua patologia non imponeva la scelta di un cesareo, era del tutto irrilevante, voleva denunciare che non andasse bene l'approccio che avevano avuto con lei. Il fatto che poi sia stata in grado di partorire in casa e naturalmente, le fu detto, doveva bastarle come soddisfazione, come rivalsa, quasi come se dicessero a qualcuno che un secondo matrimonio felice possa ripagare di un divorzio doloroso. Non va così, lei voleva denunciare cosa aveva subìto. L'ho supportata con immensa gioia: la sua soddisfazione più grande è stata di avere un'ostetrica accanto a se', i gradi di giudizio sono tanti, ma la causa sta andando avanti.

Tante donne ora mi mandano le loro cartelle, tramite i social, perché hanno letto i miei articoli,  perché il tam tam le ha portate a conoscere questa opzione, ho anche seguito cause che poi sono state vinte.
"Induzioni di comodo, cesarei innecessari, ventose usate solo per fare prima, episiotomie inutili e fatte senza neanche anestesia locale, kristeller che fanno solo danni e non aiutano nessuno, posizioni obbligate sul lettino da parto, nessun rispetto per la privacy, porte aperte e gente che passa e guarda durante le visite, operatori che trattano le donne come bambine che non sanno cosa vogliono e non possono decidere del loro corpo, mani di sconosciuti che visitano senza chiedere il permesso. ANCHE QUESTO E' VIOLENZA."
Roses Revolution Italia

Rachele: Faccio anche perizie su parti con cause già iniziate e consulenza per capire se sia possibile intentare una causa. E' una cosa complicata, delicata e dura. A volte son stata costretta a dire ad una donna che non c'erano gli estremi per fare una causa, perché quell'intervento che lei ha sentito come violento andava fatto. A me spiace moltissimo, umanamente, come dicevo è centrale la percezione, il mio ruolo è capire quando c'è stato un abuso. 
Alleni sicuramente l'empatia nei confronti della donna che si sente sola, privata, distrutta, abbattuta, ha bisogno di ascolto, ma anche nei confronti dei medici, per cercare di capire perché hanno fatto così. 

Non sono critica nei confronti del medico a priori, io critico la mancanza di attenzione alla percezione della qualità del servizio.


Cì: Per quella che è la tua visione pensi stia migliorando la situazione?

Rachele: C'è più consapevolezza da parte delle donne, le donne si stanno incazzando, le donne sono furibonde, si stanno aggregando, si stanno unendo.
Quello che mi dispiace, moltissimo, è che molte donne di autofomentano, facendo di tutta l'erba un fascio. Collaboro con tanti medici competenti, con un bagaglio umano eccezionale, doti di empatia, con i quali si crea un rapporto meraviglioso. Capisco che ci sia la voglia, la necessità, di unirsi, ma non ci guadagnano le donne coinvolte a creare queste divisioni. E la violenza ostetrica non è solo da parte dei medici, è anche da parte di noi ostetriche a volte.

Vorrei chiudere con un post che Rachele ha pubbicato su facebook:

Oggi scrivo alle mie colleghe ostetriche.
Amiche, sorelle, compagne d'avventura. Che siate madri e che ancora non lo siate. Che abbiate l'intenzione di esserlo o che non lo vogliate diventare. Ricordate che le donne vi guardano.
Se non conoscete l'allattamento (e quello fatto all'università non serve a nulla se non fate pratica), studiatelo, chiedete consiglio alle donne che hanno allattato, confrontatevi in modo multidisciplinare con altre figure: non pensiate MAI che il solo titolo di studio vi basti. E soprattutto, quando diventate madri: allattate. Le donne vi guardano, vi prendono ad esempio!
Se non conoscete su di voi il dolore di un travaglio, non appellatevi con troppa fiducia alle analgesie (che possono essere d'aiuto, ma hanno anche risvolti negativi) ma state con la donna: non sminuite il suo dolore, non abbiate paura di accarezzarla, ascoltarla, assecondarla, stringerla a voi. Se non sapete cosa vuol dire stare a gambe aperte di fronte a persone asettiche che guardano, provate a mettervi nei panni della donna in quei momenti. Anche se non vi sentite propense all'empatia, cercate di mettervi nei panni della donna.
Se non conoscete cosa vuol dire il dolore spirituale, emotivo e fisico di un taglio cesareo, non trattate la donna come una lamentosa: il dolore di un parto che non è andato come sperato è lancinante e durerà per sempre! Nulla lo cancellerà, nulla annullerà le parole, gli odori, i sapori, le percezioni di quei momenti. Rimarrete per sempre nel cuore e nei ricordi di quelle donne e per sempre una gentilezza o una cattiveria rimarranno nella memoria.
Abbiate amore per tutte le donne che avete di fronte: se non sapete cosa vuol dire essere madri, non date consigli 'sentiti dire', ma ascoltate, ascoltate sempre.
Se non avete mai perso un figlio, non rinnegate il diritto al dolore che una madre prova anche quando lo perde a 6 settimane (un figlio lo è a 6/16/26/36 settimane!!): non abbiate timore del dolore che voi potete ricevere da qull'esperienza. Il dolore condiviso è come la felicità: arricchisce e aiuta.
Non ci sono ostetriche brave a seconda di dove assistono i parti, ci sono ostetriche che stanno CON le donne. E le ostetriche sono TUTTE ostetriche: un gesto buono gratifica tutte, un gesto non buono svilisce tutta la categoria.
Le esperienze che si fanno insieme alle donne sono fantastiche e stancanti: entrateci dentro e, per l'amor di Dio, unitevi a TUTTE le donne, qualunque ruolo abbiano. Condividere è sempre arricchire se stessi, diffidate da chi divide e opera per la separazione: vuole solo governare i pensieri!

Grazie Rachele.

Letture a margine:
Festa di compleanno per Lucia
...che oggi è stata nominata cavaliere (agghiaccianti le notizie a contorno di questa)
Donne, esseri umani speciali, non solo per un giorno l'anno
Me, Frida Kalo
Rispettiamo l'Amore
Nei panni di ...chi vogliamo! (storia di un bambino che voleva fare la principessa e di una principessa che voleva fare il calciatore)
I bambini e i colori
Giochi in rosa? Perchè no! Con qualche accorgimento.
Tutti i miei post sulle differenze

16 commenti:

  1. Grazie per questo post: per questo argomento che non conoscevo per niente e per avermi fatto conoscere Rachele.
    Ciao e buona giornata :)

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  2. Davvero interessante questo aspetto della giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne... un sacco di informazioni utili e tenute spesso nell'ombra... sempre molto precisa! Grazie Cì !

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    1. Mi permetto di cambiare argomento: ti ho dedicato un piccolo premio, se passi da me, lo puoi ritirare!!

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  3. Grazie di esser passate, è un tema sinceramente poco trattato, ho pensato di farne un post dedicato perchè troppe donne hanno avuto esperienze poco rispettose durante il loro parto: potranno, almeno, sentirsi comprese.

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  4. Che botta!
    Non riesco a leggere tutti i link ora ma mi prometto di farlo con calma.
    Io sono stata abbastanza ospedalizzata per via del diabete gestazionale e di pressione un pò alta, ma sono riuscita a partorire naturalmente approfittando anche dell'aiuto dell'epidurale (che ho benedetto!). Ho trovato molta attenzione al travaglio. Quello che invece ho trovato molto migliorabile è il sostegno dopo. Anche subito dopo. Allattamento, crisi ormonali, gestione dei neonati. In ospedale è stato inesistente. Fortunatamente ho conosciuto una iniziativa della asl di sostegno e auto aiuto alle mamme. Un incontro settimanale gestito da un'ostetrica in cui però il sostegno e la partecipazione di tante mamme lo ha reso fonadamentale per i miei primi mesi da mamma.

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    1. Mammozza, direi che nella media e per le premesse sei stata fortunata. Il punto dolente è questo: dobbiamo appellarci alla fortuna?
      Quando leggerai vedrai che intendeva Rachele, a volte la dea bendata è lontana dalle partorienti...

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  5. Brava, hai fatto un lavoro importante con questo post. Il problema della giornata contro la violenza sulle donne (come un po' di tutte le giornate del genere) è proprio che si si rischia di parlare tanto e non risolvere niente. Tu invece hai dato un contributo concreto e decisamente utile.

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    1. Grazie Silvia, anche io mi rammarico quando posso parlare e basta di un problema, per questo cerco di condividere spunti pratici, un po' come per il discorso sulla prevenzione tramite progetti operativi che aiutano a cambiare menù ed abitudini. Che poi potremmo estendere il discorso della violenza ostetrica anche ad altre esperienze oltre al parto, non so quando ma vorrei approfondire, ho già un'idea in testa... Risentirete Rachele tra un po'.

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  6. Cì, davvero grazie per questo post. Vado immediatamente a linkarlo nella mia pagina dei post che vale la pena leggere.
    Non immaginavo che si potesse parlare di una vera e propria violenza ostetrica, diciamo che non ne sapevo nulla, quindi le tue informazioni e riflessioni, insieme a Rachele, sono state illuminanti.

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    1. Grazie Maris, la rete è una fonte di spunti interessanti, come dicevo sopra cerco di condividerli.

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  7. Avevo letto ieri, ma non sono riuscita a commentare dal tablet, e ritorno per dirti grazie per un post complesso e anche controverso, che mette in luce aspetti spesso sottovalutati in questa prospettiva così sul campo e così militante. Davvero un contributo prezioso.

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    1. Grazie 'povna, vale quanto detto sopra. E' stato difficile per me scrivere questo post, ed è venuto molto lungo (per questo vorrei ne seguissero altri, con Rachele abbiamo chiaccherato di tante cose che io ritengo importante condividere), ma secondo me è importante diffondere certe informazioni.

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  8. Grazie Cì e grazie Rachele (anch'io la conosco attraverso FB e la ammiro moltissimo per il lavoro che fa e i messaggi che passa, nonchè per la schiettezza nell'esprimersi). Io sono arrivata a lei proprio grazie (o a causa) della mia prima esperienza di parto (cesareo inutile) che mi ha portato a cercare per il secondo parto una soluzione diversa che si è conclusa con un bellissimo hbac... quindi colgo l'occasione per ringraziarla perchè attraverso i suoi post all'epoca mi ha aperto la mente...

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    1. Grazie Daria per la tua testimonianza, sono molto contenta che tu possa aver avuto un HBAC (che per chi non lo sapesse significa: home-birth-after-cesareum, ovvero parto naturale in casa dopo un cesareo), che non potrà mai esser un riscatto ma sicuramente un migliore inizio per la tua seconda bimba e un'esperienza più costruttiva e meravigliosa per te. Aggiungo per chi non avesse presenti le statistiche: non tutti i cesarei sono inutili, ovviamente, come ricordava Rachele certe volte sono necessari, ma purtroppo in Italia, anche per vergognose questioni legate ai rimborsi per questi interventi, si è esagerato. L'OMS parla di un 10% fisiologico, in Italia in certe regioni si è arrivati al 60% nel momento di picco negativo e si viaggia tra il 30 / 40% di media... Ed è solo una delle forme di violenza ostetrica, ma senza dubbio una delle più forti, specialmente per le conseguenze emotive che lascia.

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  9. Sono dovuta arrivare a tre figli per avere un parto ma soprattutto un post parto come si deve, perché ero al terzo figlio e tutti mi hanno lasciato in pace e io e lei ci siamo ritagliate il nostro prezioso spazio, cosa che non sono riuscita a fare con il primo perché tutti mi bombardavano di consigli/obblighi il più delle volte contraddittori e dannosi.
    Ho condiviso questo tuo post perché merita di essere letto da più persone possibili.

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    1. Grazie Kemate, per la testimonianza e la condivisione.
      Molto più spesso di quanto si creda va così. Purtroppo.
      Sicuramente divulgare le informazioni aiuterà...

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