L'arte, per esser definita tale, deve emozionare, in modo autentico, ho sentito spiegare una volta. L'arte contemporanea, totalmente svincolata dai canoni classici, offre spunti diversi, a volte tocca corde emotive profonde, permette un
personalissimo viaggio interpretativo, in solitaria
libertà. Questo soprattutto mi piace: l'idea di trovarmi davanti ad un'opera e lasciarmi colpire da quello che mi evoca, suggestionare senza troppi filtri.
Cerco di non andare preparata più di tanto, non voglio avere aspettative e togliermi la possibilità di godermi l'esperienza come se avessi una manciata di anni (l'età della mia accompagnatrice preferita, con le sue emozioni non mediate) e tracciare poi la mia mappa personalissima, dall'esperienza all'interpretazione, fino al confronto col punto di vista dell'artista.
Resto soddisfatta quando qualcosa mi riempe di stupore.
Sono arrivata davanti ai Sette Palazzi Celesti di Kiefer senza nemmeno sapere che li avrei visti, portavo eSSe a vedere un'altra installazione e
sono rimasta senza fiato.
Hangar Bicocca è una struttura di suo interessante, nel quartiere dove un tempo Pirelli, Ansaldo, Breda, Falk e altri avevano basato il loro polo produttivo milanese e oggi c'è l'Università Bicocca, il teatro degli Arcimboldi, e questo spazio espositivo, riconvertito in modo intelligente e strategico, perfetto per ospitare arte contemporanea.
Immaginate di entrare in un capannone enorme, con le dimensioni degli insediamenti industriali dei primi del '900, immaginate uno spazio di cui faticate a misurare la dimensione rapportandolo a qualcosa di noto, immaginate di sentirvi molto piccoli e di metterci un po' a far abituare gli occhi all'illuminazione molto bassa, di pensare che l'interno è molto simile all'esterno per luci e sensazioni, perché questo spazio è isolato e molto buii sono i pomeriggi milanesi d'inverno in periferia.
Davanti a voi sette costruzioni verticali, di altezza variabile tra i 14 e i 18 metri, sette torri in cemento armato alte e strette, opportunamente illuminate in modo che intorno ad esse prevalga l'idea di vuoto e questo sia ulteriormente accentuato dal contesto.
Sarà inevitabile restarne rapiti, e passare silenziosi minuti ad osservarli, anche se ci andrete in compagnia.
Avvicinandosi scema un po' l'impatto maestoso di questa installazione, eppure viene istintivo farlo, andare in cerca di particolari che aiutino a trovare una chiave di lettura, tracce del passaggio dell'artista e dei suoi percorsi. I Palazzi Celesti, da vicino, smettono di esser strutture aliene, fuori cioè dai nostri noti familiari: queste torri, precarie eppure imponenti, sono testimoni mute di un declino, viene da pensare sia quello della nostra società, o almeno io ho avuto questa sensazione.
Non ci sono dettagli affascinanti in senso canonico, diventa quasi una sfida tentare di interpretare i tanti indizi seminati dall'artista. Il senso di desolazione è tangibile.
Le interpretazioni, questo il bello a parer mio di queste forme d'arte, devono esser individuali. Il mio primo pensiero è stato di trovarmi davanti ad uno scenario post bellico, l'ho istintivamente associato alla Shoah, proprio raccogliendo le suggestioni dei piccoli particolari: un neon con un nome ebraico realizzato con carattere tipografico che mi ha ricordato quel periodo storico, la presenza di libri posti oltre lo spazio accessibile e quadri senza rappresentazioni e con i vetri rotti, poi ho preso in mano la guida cartacea e mi sono ritrovata come una scolaretta davanti ad un libro molto difficile, vi rimando all'approfondimento che ho linkato in coda.
A ben osservare i singoli oggetti ai piedi delle torri, che caratterizzano ognuna di esse, si ha l'impressione che Anselm Kiefer abbia voluto
suggerire anche una certa ciclicità, di stratificazione di vissuti, eventi, memorie, valutazionu, rimarcando però il rischio dell'oblio.
Ho ripercorso il perimetro, osservato a lungo, e infine lasciato con fatica quell'ambiente, che sicuramente evoca pagine tristi della Storia e scenari apocalittici ma è incredibilmente affascinante e non lascia con un senso di oppressione, ma anzi con la voglia di guardare avanti, una sorta di invito alla meditazione costruttiva del passato rivolti al futuro.
E' un'installazione che mi ha colpita, anche se non sono sicura di poter trasmettere le sensazioni che ho provato camminandoci sotto. Ringrazio Silvia che mi ha fatto ricordare dell'inverno scorso.
Ho pensato di parlarvene questa settimana perché vedrei perfettamente insieme i tanti eventi connessi al giorno della Memoria una visita ai Sette Palazzi Celesti, anche con calma, l'installazione è permanente e fruibile gratuitamente.
Approfondimenti
L'artista
I Sette Palazzi Celesti
Sono contenta di averti ispirato questo post! E' vero, la meraviglia di questa installazione è che evoca tante cose contemporaneamente, crea suggestioni che restano con noi per tanto tempo dopo averla visitata.
RispondiElimina:)
Eliminavero, mi sono stupita di quanto a distanza di tempo fosse forte il ricordo e l'emozione.
anche a me piace tanto tanto quest'opera. ma anche quella di Melotti all'ingresso della Bicocca!
RispondiEliminaSì, ho presente. Una visita all'hangar Bicocca comunque è interessante per più motivi...
EliminaAffascinante. Peccato essere davvero troppo distanti, almeno per il momento....
RispondiEliminaPerò ho fruito volentieri davvero delle tue emozioni e sensazioni. Grazie!
Se passi da Mi sai dove andare.... ;) Grazie a te Maris!
EliminaMacerie su macerie, che puntano in alto... quante suggestioni. Grazie
RispondiEliminaVero? Ciao cara Jesica!
EliminaVengo al nord a breve in missione per conto della mia scuola: spero proprio di riuscire a incastrare questa visita. Grazie mille, cara!
RispondiEliminaNon occorre dire che io li rivedrei volentieri... :)
EliminaDev'essere di sicura un'opera molto interessante e ricca di stimoli e suggestioni, spero di riuscire a vederla dal vivo.
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