martedì 24 giugno 2014

La forza del web.
Aggiornamenti al post di ieri

Ieri mi interrogavo sulla forza delle parole, due post mi avevano colpito: in uno si denunciava la totale inutilità degli appelli per riportare a casa le studentesse nigeriane rapite, nell'altro un testo pieno di errori che risultavano offensivi e dolorosi per le persone con sindrome di Down e le loro famiglie, invitando a protestare.

Si rifletteva sul valore degli appelli internazionali con un senso di impotenza e disillusione e questa mattina una bellissima notizia: la liberazione di Meriam, la donna cristiana condannata a morte ed incarcerata con i suoi due figli.
«È stata fondamentale la mobilitazione internazionale» spiega Antonella Napoli, presidente della Ong Italians for Darfur.
Quindi non sempre gli appelli cadono nel vuoto e servono solo a farci sentire "più buoni" come diceva Silvia - punto di vista che io capisco e ha sicuramente fondamento, ma spero sempre che qualcosa anche solo a parole si possa ottenere, come dice Silvia, almeno nelle questioni locali -!

La seconda buona notizia riguarda la reazione di Doctissimo, che a questo punto si merita una citazione per merito, che ha rimossso questa pagina di cui ieri ci parlava Daniela.
Un tweet di Mammafelice, sereno e dialogante, ha ottenuto una rispota rapida. Con soddisfazione abbiamo visto che in poche ore la pagina è stata rimossa, al momento risulta non disponibile perché la stanno riscrivendo.

Mi ha colpito la potenzialità dell'azione diretta via twitter, che ammetto frequento poco, e la possibilità di dare seguito in modo puntuale ad un impegno in seguito ad una denuncia, per una volta ho avuto l'impressione che davvero ci sia una grande democraticità e partecipazione costruttiva nel web. 

Ci fermiamo a gioire?
Certamente è bello sentire di poter fare qualcosa di utile con i nuovi media, godiamoci questi cinque minuti in cui coccolarci nella sensazione che la correttezza abbia fatto il suo corso.

Ora però vi chiedo subito attenzione su una nuova emergenza. Mentre cercavo i link per questo post mi è caduto l'occhio su questa notizia, che racconta che la Banca Dati per le Adozioni ancora non è operativa con una conseguenza incredibile (considerando le attese per le famiglie che desiderano adottare, le tortuose strade che sembrano calvari di alcune famiglie).
Ci sono 1900 bambini italiani o nati in Italia che potrebbero essere adottati se la burocrazia non bloccasse tutto da anni. Per loro ogni giorno in più di attesa è un giorno in meno di vita in una famiglia, per la burocrazia sono solo numeri. (...) Il 59% si trovano in una comunità, il 41% in affidamento familiare. Tutti dovrebbero invece da tempo avere una famiglia e invece più della metà si trovano in questa condizione da oltre due anni. 
E' incredibile, inamissibile, allucinante...

Googlando arrivo ad un sito che si occupa di adozioni, Ai.Bi., e leggo un intervento più tecnico, capendo meglio di quali problemi burocratici si tratti:

Su questo problema Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., ricorda:  «Una soluzione ci sarebbe già. E si chiama ‘banca dati dei minori adottabili’, istituita con un decreto del Ministero della Giustizia, emesso il 15 febbraio 2013, dopo dieci anni di attesa. Peccato che a distanza di oltre un anno la banca dati funzioni a macchia di leopardo: ad oggi non tutti i Tribunali per i Minorenni l’hanno resa operativa. Senza dimenticare un limite strutturale del sistema affido/adozione. Gli enti autorizzati non hanno la possibilità di incrociare i dati delle famiglie disponibili all’adozione, con i bambini effettivamente adottabili. Mentre con un loro intervento, in un lasso di tempo ragionevolmente breve, la maggior parte di quei minori adottabili troverebbe la propria famiglia.» (fonte)

- Accidenti, ma è mai possibile? mi domando.
Poi sullo stesso sito filtro le notizie per argomento e leggo che qualcosa di muove:

A partire dall’esperienza della rubrica più seguita di AiBiNews, “Figli in Attesa”, (1.162 visualizzazioni uniche di pagina quotidiane, 7.463 settimanali e 33.151 mensili*), per trovare famiglia a minori attraverso l’adozione internazionale, Amici dei Bambini ha proposto ai 27 Tribunali per i minorenni italiani la realizzazione di un’analoga rubrica per le adozioni nazionali.  Usando così la testata registrata AiBiNews come megafono per appelli e comunicazioni dei Tribunali per favorire l’adozione nazionale di minori abbandonati e realizzare il meraviglioso incontro, quello di un minore abbandonato con i suoi nuovi mamma e papà. Una disponibilità accolta positivamente dai Tribunali per i Minorenni di Milano e Campobasso.
(fonte)
*interesse evidentemente c'è...


Linkatemi nei commenti eventuali altri riscontri ed iniziative se ne siete a conoscenza.

Lo so, siamo in estate, ritmi lenti e tutto, qui pure, ma se fosse uno di quei casi in cui attirare l'attenzione su un problema attiva azioni risultive, non sarebbe stupendo pensare a un migliaio di bambini che passano l'estate con delle famiglie anzichè in un istituto? :) Perlomeno proviamoci: parliamone, magari altre associazioni già strutturate e gruppi di genitori adottivi in attesa si muoveranno.


6 commenti:

  1. Anche io nutro di fondo delle perplessità su petizioni e campagne online. Un po' per i motivi che ricordava Silvia, e un po' paradossalmente, per il loro esatto contrario. Non sempre, anche quando fosse effettivamente in grado di centrare gli obiettivi, il fatto che la forza del web vada a buon fine mi rasserena. Anzi, tutt'altro. Perché forza non vuole sempre dire qualità, anzi. Né precisione e competenza di pensiero, ciò che è necessario per molte azioni assai più della democraticità di un voto (la rappresentanza democratica in questo è uno dei pochi casi in cui la presenza e la competenza si equivalgono). Altrimenti, la deriva facile è quella che abbiamo visto molto bene all'opera in questo anno di M5S, in cui lo slogan uno vale uno è diminutio, e non aumento di qualità. Da questo punto di vista il web è troppo spesso illusorio. Googlandp si trovano effettivamente subito tante informazioni discrete, ma piatte. Che danno una illusione di conoscenza di una questione che non ne è che mera infarinatura. Viceversa, vedere siti disposti a rimuovere contenuti solo in nome di qualche tweet, sono onesta, mi spaventa. Perché, non illudiamoci, il contenuto non è stato rimosso perché sbagliato, è stato rimosso perché il sito ha pensato al ritorno di immagini. Ha dato una risposta cioè non a soggetti pensanti, ma a potenziali consumatori, quali siamo, sempre, sulla rete.
    Ieri è andata bene: la battaglia era giusta, le persone casualmente competenti sulla questione, l'esito positivo.
    Ma niente mi toglie dalla testa l'idea che il metodo sia profondamente sbagliato. Sbagliato e pericoloso. Perché invita ad abbandonare lo studio, l'approfondimento, la competenza, che non si acquisiscono, ma nemmeno si verificano (dal punto di vista del sito) in un giorno, a favore di una capacità di farsi sentire che è basata su voce alta e visibilità.

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  2. Ps. Ovviamente il mio non è un commento al merito dell'iniziativa, per la quale contingentemente gioisco e sai che condivido, non c'è bisogno di dirlo, ma una interrogazione che si fa 'meta', metodologica, partendo dallo spunto di realtà, ma cercando di trascenderlo al di là del contenuto singolo.

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    1. Capisco, però sono arrivata a pensare che comunque a volte - tipo in questo caso - posso gioire del risultato e pensare che, sempre e solo a volte, va come è giusto vada perché qualcuno è intervenuto e ha condiviso una informazione e dall'altra parte c'è stata la buona volontà di accoglierla. Solo per ritorno di immagine? Sai, mi accontenterei anche di questo: se arrivassimo ad un punto in cui chi investe (gli sponsor) e chi ha interesse ad attirare gli investitori (siti, o chiunque possa farsi sponsorizzare più in generale) diventasse popolare e quindi interessante (per gli investitori) in base alla qualità e correttezza delle informazioni che veicola io sarei già contenta... Ne stavamo parlando "dietro le quinte" con alcune amiche blogger e le valazioni sarebbero ben più ampie, ma per ora mi fermo qui e mi accontento di giorie, anche se ho appena saputo che hanno rapito altre 60 studentesse e questo ci riporta alla limitatezza dele nostre vittorie con medaglie di latta.

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    2. Una riflessione aggiuntiva: posso condividere il pensiero di Silvia e le tue preoccupazioni, ma pur consapevole (e insoddisfatta) per i limiti che la nostra partecipazine "web" di critica alle ingiustizie nel mondo (che ovviamente ha più senso quando abbinata ad un impegno "reale", ovviamente su cause più vicine), credo sia il male minore rispetto all'apatia di molti, alla mancata partecipazione perchè lontano dagli occhi lontano dal cuore, o per quello che io chiamo protezionismo dei buoni sentimenti (tradotto: è *lecito* occuparsi solo di quanto accade vicino, a volte proprio solo in casa propria! E gli altri? peggio per loro! Anzi se non se ne parla meglio!). Da anni io condivido il lavoro di associazioni, anche banalmente con post come questo su uno spazio che ha poco seguito anche perchè io non lo pubblicizzo, richieste di supporto di chi invece è al lavoro molto molto concretamente, ma anche solo informazioni, su quel che accade lontano e per me è importante sapere. Certamente prima le filtro, ma mi illudo che possa esser utile almeno per tener svegli le coscienze. Forse le petizioni e gli appelli dovremmo vederli come un modo perché certi drammi non finiscano nel dimenticatoio, anche se so bene che Silvia ha ragione e per alcuni sono un modo di darsi pace e giustificazioni.

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  3. Sai che non amo il benaltrismo, e dunque - posto che la nostra partecipazione al mondo sarà sempre, per quanto partecipiamo, troppo poco rispetto a quanto accade intorno a noi - ben venga tutto. Però questa parte della riflessione riguarda ancora soprattutto l'obiezione, diciamo così, di Silvia. In questo caso a me interessa molto anche l'altra parte, e cioè il fatto che non mi sento per nulla rassicurata dalla forza del web tout court che, in mancanza di correttivi e di tempo per approfondire, rischia di avallare pesantissime cialtronerie.
    Lo ripeto, non è il caso in questione, ma per puro caso, se mi consenti il bisticcio. A me che un sito rimuova un contenuto di una casa editrice per due tweet non rassicura per niente, metodologicamente parlando, anzi. Mi inquieta anzi che no.A prescindere dal fatto che, preferisco ridirlo per non essere fraintesa, in questo caso ci si avesse, da questa tempestività, solo da guadagnare.

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    1. Grazie per le tue riflessioni.
      ...nemmeno io amo il benaltrismo (termine che ho dovuto cercare quando l'ho visto da te questa mattina, questo neologismo mi sfuggiva...), spero sia chiaro. :)
      E' vero: spessissimo via web vengono divulgate a avvallate cialtronerie e informazioni inesatte che possono anche danneggiare chi le prende per affidabili. Il web prevalentemente è terreno di fruizione mordi e fuggi e quasi mai di approfondimento: quasi nessuno cita le fonti, quasi nessuno le verifica. In generale posso esser d'accordo con te, c'è di che preoccuparsi. Poi se vogliamo vedere il rovescio della medaglia questa sostanziale anarchia e l'imprevedibilità delle dinamiche (persino gli esperti di SEO a volte non si spiegano certi fatti) permette a volte risvolti positivi, cosa che non guasta, come convieni anche tu. La realtà è che il web e il suo popolo è come un blob, non è facile da contenere. Non riesco a pensare a come potremmo cambiare il modo di usare il web - con tanta superficialità - degli utenti, supposto sia possibile e lecito (intendo: come blogger, come persone che veicolano contenuti sul web). Sicuramente è ora di regolamentare almeno i contenuti: un'altra amica mi faceva notare che è incredibile come non sia richiesta la garanzia di un comitato scientifico sui contenuti medico-scientifici, ed ha assolutamente ragione.

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